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Come correggere il gusto di infusi, tinture e decotti

Il primo scopo delle preparazioni a base di “erbe” è quello di essere somministrate per bocca, per cui devono riuscire confortevoli al palato. I veri cultori provano piacere a consumarle allo stato grezzo, senza zucchero od altro. Altri invece, sentono maggiormente l’esigenza di bere un prodotto più gradevole, e quindi possono ricorrere ad un dolcificante: come il miele, lo zucchero, la saccarina e altri prodotti che esamineremo qui di seguito. 

 

 

Il primo ingrediente che puoi utilizzare per rendere il tuo preparato più gradevole è il miele che ricco di zuccheri e di principi naturali derivante dai pollini, si sposa perfettamente con tutte le miscele a base di erbe, soprattutto utilizzalo quando prepari infusi e decotti ad azione emolliente e decongestionante.

 

 

 

 

Anche lo zucchero, la mannite e lo zucchero di latte ti possono servire per dolcificare la tua bevanda e in particolar modo, quando ha lo scopo di rinfrescare o regolare l’intestino; questi dolcificanti li puoi usare nella quantità che più ti aggrada. Se invece, hai problemi di linea, puoi ricorrere alla saccarina o ad altri dolcificanti privi di calorie.

 

 

 

Sempre in funzione di addolcimento della tua bevanda, puoi ricorrere alla liquerizia che facilmente troverai in drogheria o in erboristeria e che acquisterai sotto forma di radice sminuzzata o di estratto di liquerizia. Risulta infatti, un ottimo ingrediente per coprire i gusti troppo amari, troppo intensi e prolungati. ll succo estratto dal sapore agrodolce, di colore nero è costituito per il 5-15% da glucidi e per il 10-20% da un glucoside: la glicirizzina.
Questa sostanza è un edulcorante naturale, contenuta nelle radici con un potere dolcificante circa 100 volte superiore a quella del saccarosio.

 

 

 Per migliorare soprattutto gli aromi e mascherare gli odori sgradevoli, puoi impiegare invece, piccole quantità di erbe aromatiche come la menta, l’anice, il timo, la salvia, il rosmarino, la cannella, i chiodi di garofano, le scorze di agrumi fresche o secche o baccelli di vaniglia. Ovviamente puoi scegliere a tuo piacimento quella che ritieni più piacevole al tuo palato.

 E’ utile tenere presente, facendo queste aggiunte, dell’attività di queste droghe conciliandole appena possibile con quelle della preparazione iniziale. Per esempio una pozione di altea migliorerà con l’aggiunta di liquirizia che ha analoghe proprietà.

L’aroma fresco della menta: coltivazione, proprietà e sua utilizzazione

 

Perché si chiama così: il nome mentha si pensa che derivi o dal nome della ninfa Mintha, giovane fanciulla di cui era rimasto travolto dalla passione Plutone e che la moglie Proserpina, colta da gelosia, l’avesse tramutata in una piccola piantina; o dal latino “mens” (mente ); perché si riteneva anticamente che la pianta potesse fortificare l’intelligenza. Gli etimi delle varie specie sono la menta:
 
 
 

 

piperita, dal latino piperatus; pepato per il sapore forte
pulegium, dal latino pulex; pulce, in relazione alle piccole foglie ; detta anche mentuccia
rotundifolia e longifolia; dalla forma delle foglie
viridis, per il colore verde brillante della specie.
 
 

Crescita e coltivazione: le diverse specie  sono diffuse in tutta Italia ma la più coltivata è la menta piperita anche perché quella più ricca di principi attivi. I cespi si dividono in autunno e in primavera, piantandosi direttamente a dimora e occorre innaffiarla molto. Per riconoscerla, bisogna osservare il suo fusto quadrangolare eretto, alto fino a ottanta centimetri, leggermente villoso; le foglie opposte sono oblunghe e arrotondate alla base e acute all’apice e nella pagina inferiore , sono evidenti le nervature e le ghiandole; i fiori sono riuniti in spighe cilindriche terminali.

Le parti usate sono le foglie e le sommità fiorite, si raccolgono in estate e dopo aver pulito i fusti per togliere le impurità, si riuniscono in mazzetti che si essiccano all’ombra, in luogo ventilato e appeso ad un filo. Una volta pronti, si conservano in un recipiente di vetro chiuso, al riparo dagli agenti atmosferici.

Le sue proprietà: analgesiche, antisettiche, antispasmodiche, carminative, digestive, eupeptiche, stimolanti, toniche.

Per la salute:  viene utilizzata sia per uso interno; infuso, tintura alcolica e tintura vinosa e sia per uso esterno, come infuso e decotto per sciacqui, lavaggi, compresse e inalazioni.

Per la bellezza: la menta esercita sulla pelle una azione tonificante, rinfrescante, stimolante e leggermente astringente.

L’infuso o il decotto viene preparato con 50 g di foglie e di sommità fiorite in un litro di acqua e può essere validamente impiegato per impacchi e lavaggi, oppure per suffumigi stimolanti. 

Una manciata di menta immessa direttamente nell’acqua calda della vasca da bagno, precedentemente racchiusa in un sacchettino di garza, dona una azione tonificante e rinfrescante al corpo.

Per la cucina: sono molteplici i suoi impieghi. Viene utilizzata per la preparazione di salse, insalate, frittate, piatti di carne e pesce, verdure cotte, ripieni, liquori e confetture.

 Salsa di menta

75 gr di foglioline di menta

1 bicchiere di aceto bianco

25 gr di zucchero

Si lavano con cura le foglioline di menta e si fanno asciugare bene disponendole sopra un telo. Quando saranno perfettamente asciutte si tritano molto finemente e si mettono in una ciotola. Dopodiché, si porta ad ebollizione l’aceto, si unisce lo zucchero e dopo aver ben mescolato, si toglie dal fuoco. Si raffredda e poi si versa l’aceto dolcificato lentamente sulla menta tritata e mescolando bene, si lascia riposare un’oretta prima di servire la salsa ottenuta che potrà essere conservata per alcuni giorni, in un vasetto a chiusura ermetica, ricordandosi di mescolare bene ogni volta che si userà. Questa salsa può servire ad accompagnare larrosti e cacciagioni.

Curarsi con le erbe: arte antica come la nascita dell’uomo.

L’arte di curarsi con le erbe è antica come la nascita dell’uomo. E’ infatti possibile che la scoperta delle piante, da parte dell’uomo delle caverne oltre che, essere stata fonte per loro di cibo, sia stata  anche fonte di rimedi per curarsi, con buoni risultati. Così sembra che, nelle mummie siano stati ritrovati tracce di vegetali  e che missionari del XVII secolo confezionassero tisane espettoranti con il Chenopodium album, per curare l’isteria; e come  anche i Negritos delle Filippine utilizzassero, al di là delle pratiche magiche, erbe e piante a scopo terapeutico. Quindi, un’arte antica quella di curarsi con le erbe, documentata anche ufficialmente nella storia con testimonianze sull’uso. Basti pensare al Papaverum somniferum, servito ad Achille per curare le ferite dei compagni durante l’assedio di Troia o all’abilità della Maga Medea a preparare veleni,  estratti dalle erbe; o alle proprietà presenti nelle piante della specie Artemisia, pianta sacra ad Artemide, dea protettrice dei boschi e della caccia. E poiché si parla di Artemisia, non bisogna dimenticare il famoso Assenzio (Arthemisia absyntium) dal sapore amaro, associato agli scrittori ed artisti parigini del  Decadentismo e alla popolarità che ebbe in Francia alla fine di quel secolo e all’inizio del successivo, fino alla sua proibizione nel 1915. La leggenda però, non è sempre sinonimo di fatti e cose irreali, e ciò accade anche nel caso delle piante che sebbene alcune specie siano legate al mondo mitologico hanno proprietà farmacologiche reali. E per passare così dalla fantasia alla realtà, si possono citare i filosofi aristotelici, molti di loro, scienziati e medici-filosofi che ricercano e vogliono sapere, senza accettare più il ricorso alla magia. Sono infatti loro a fondare la scienza dell’erboristeria e tra i più famosi c’è Ippocrate, nato nel 460 a.C. scienziato e medico dedito agli studi sulle piante officinali. Dietro di lui seguiranno altri, tra cui Galeno, che ci tramanda la medicina ippocratica e che divenuto medico di M.Aurelio pubblica 400 opere, a noi giunte in modo frammentario. Oggigiorno però, si usa ancora,  la dizione “preparato galenico” per intendere il farmaco allestito in farmacia dal farmacista, in “contrapposizione” al farmaco industriale preparato dall’industria. Anche gli scrittori latini  si occupano di erboristeria, ad esempio, Catone che fa conoscere nel suo trattato  il “De Re Rustica” , 120 piante medicinali da lui stesso coltivate  e Plinio il Vecchio che nella sua opera “Naturalis Historia” in 37 libri, dedica una grande sezione alle piante officinali e ai loro principi. Pure da non dimenticare alcuni sovrani con una predilezione a curarsi con le piante come, Mitridate Eupatore, re del Ponto e acerrimo nemico dei Romani,  che prova su se stesso le azioni delle diverse erbe, cercando di abituarsi ai veleni per non perire sotto la mano di qualche nemico; e Cleopatra, la bellissima regina d’Egitto che si interessa alle erbe, finalizzandolo alla cura del corpo e  sperimentando lei stessa, nuovi preparati