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Curarsi con le erbe: arte antica come la nascita dell’uomo.

L’arte di curarsi con le erbe è antica come la nascita dell’uomo. E’ infatti possibile che la scoperta delle piante, da parte dell’uomo delle caverne oltre che, essere stata fonte per loro di cibo, sia stata  anche fonte di rimedi per curarsi, con buoni risultati. Così sembra che, nelle mummie siano stati ritrovati tracce di vegetali  e che missionari del XVII secolo confezionassero tisane espettoranti con il Chenopodium album, per curare l’isteria; e come  anche i Negritos delle Filippine utilizzassero, al di là delle pratiche magiche, erbe e piante a scopo terapeutico. Quindi, un’arte antica quella di curarsi con le erbe, documentata anche ufficialmente nella storia con testimonianze sull’uso. Basti pensare al Papaverum somniferum, servito ad Achille per curare le ferite dei compagni durante l’assedio di Troia o all’abilità della Maga Medea a preparare veleni,  estratti dalle erbe; o alle proprietà presenti nelle piante della specie Artemisia, pianta sacra ad Artemide, dea protettrice dei boschi e della caccia. E poiché si parla di Artemisia, non bisogna dimenticare il famoso Assenzio (Arthemisia absyntium) dal sapore amaro, associato agli scrittori ed artisti parigini del  Decadentismo e alla popolarità che ebbe in Francia alla fine di quel secolo e all’inizio del successivo, fino alla sua proibizione nel 1915. La leggenda però, non è sempre sinonimo di fatti e cose irreali, e ciò accade anche nel caso delle piante che sebbene alcune specie siano legate al mondo mitologico hanno proprietà farmacologiche reali. E per passare così dalla fantasia alla realtà, si possono citare i filosofi aristotelici, molti di loro, scienziati e medici-filosofi che ricercano e vogliono sapere, senza accettare più il ricorso alla magia. Sono infatti loro a fondare la scienza dell’erboristeria e tra i più famosi c’è Ippocrate, nato nel 460 a.C. scienziato e medico dedito agli studi sulle piante officinali. Dietro di lui seguiranno altri, tra cui Galeno, che ci tramanda la medicina ippocratica e che divenuto medico di M.Aurelio pubblica 400 opere, a noi giunte in modo frammentario. Oggigiorno però, si usa ancora,  la dizione “preparato galenico” per intendere il farmaco allestito in farmacia dal farmacista, in “contrapposizione” al farmaco industriale preparato dall’industria. Anche gli scrittori latini  si occupano di erboristeria, ad esempio, Catone che fa conoscere nel suo trattato  il “De Re Rustica” , 120 piante medicinali da lui stesso coltivate  e Plinio il Vecchio che nella sua opera “Naturalis Historia” in 37 libri, dedica una grande sezione alle piante officinali e ai loro principi. Pure da non dimenticare alcuni sovrani con una predilezione a curarsi con le piante come, Mitridate Eupatore, re del Ponto e acerrimo nemico dei Romani,  che prova su se stesso le azioni delle diverse erbe, cercando di abituarsi ai veleni per non perire sotto la mano di qualche nemico; e Cleopatra, la bellissima regina d’Egitto che si interessa alle erbe, finalizzandolo alla cura del corpo e  sperimentando lei stessa, nuovi preparati

La più popolare tra le piante: la Camomilla ( Matricaria chamomilla)

E’ la più popolare di tutte le erbe medicinali, fortemente aromatica, cresce spontaneamente e in abbondanza in tutta Italia, prediligendo i terreni aridi. Bisogna fare attenzione nel riconoscerla perché esistono alcune piante della stessa famiglia molto similari tra di loro. Trascrivo perciò, qui di seguito, le caratteristiche botaniche principali:
– le ligule bianche esterne, nella camomilla sono al termine della fioritura, rivolte verso il basso.
– il ricettacolo a forma conica e cavo.
– le foglie, incise in sottili lobi allungati.
Le sue proprietà sono note fin dall’antichità e oltre alla sua azione sedativa e calmante, la camomilla può essere impiegata per attenuare i dolori mestruali e i dolori e spasmi del tubo digerente.
I suoi componenti attivi sono un olio essenziale a base di azulene, un glucoside, l’apigenina e acidi vari come l’acido citrico e il salicilico, resine e zuccheri.
Le Preparazioni sono:

Elisir: in un pentolino bisogna far sciogliere in 700 g di acqua la dose di 800 g di zucchero, riscaldando senza mai giungere all’ebollizione. Prendere anche 200g di alcool a 95° e mettere a macerare per 4/5 giorni questi ingredienti: 100 g di fiori di camomilla, 5 g. di bucce di arancio e 2 g di cannella. Quindi filtrare l’alcool, strizzare bene le erbe che sono state in macerazione e aggiungere il liquido ottenuto con lo sciroppo. Versare il tutto in una bottiglia di vetro e scuoterla; quindi lasciar riposare l’elisir per alcuni giorni prima di adoperarlo.
L’elisir ha un’ottima azione calmante e sedativa.

Infuso: In una tazza di acqua bollente mettere in infusione un pizzico di fiori ed un pezzetto di scorza d’arancia. Dopo circa 5 minuti, filtrare il liquido con un colino e si potrà berlo, addolcito con zucchero o miele.
Ha un effetto calmante sulle nevralgie (per la presenza di acido salicilico) e come sedativo per l’insonnia.
Una nota in più, sull’infuso descritto sopra: se viene aggiunto al normale shampoo, serve per mantenere i riflessi dorati sui capelli biondi o castani. La schiuma deve restare sui capelli almeno 5 minuti, prima del risciacquo.

Infuso per lo stomaco: consiste nel far bollire 200 ml di acqua. Mettere in un contenitore di vetro 1 cucchiaino di melissa, 1 cucchiaino di camomilla e 1 cucchiaino di succo di limone nel quale si verserà l’acqua bollita. Coprire il recipiente per 5/10 minuti, lasciando depositare. Addolcire quando la bevanda è pronta con il succo di mela (che può essere aggiunto a piacere).

L’Arnica, pianta miracolosa per le contusioni

L’Arnica è una pianta presente nei prati di tutte le zone dell’Appennino Ligure e parmense. La sua fioritura spesso è cospicua, quasi da essere considerata una pianta infestante per il pascolo ed in più è rifiutata dal bestiame perché ha un odore fortemente aromatico. Non per niente il suo nome deriva dal greco “Ptarmikè” che vuol dire, far starnutire.Le popolazioni montanare adoperano l’Arnica fin dai tempi antichi per la sua proprietà di sanare le ferite. In Francia i montanari anziani la usano come tabacco per la pipa. Bisogna fare però attenzione se adoperata per uso interno, in quanto a forti dosi, diventa un veleno, per cui il dosaggio deve essere sempre molto accurato.

Le parti usate sono la radice e i fiori da raccogliere in piena fioritura. Entrambi bisogna essiccarli in luogo areato e lontano dalla polvere. I principi attivi sono dovuti ad un olio essenziale, a base di azulene (determina l’azione lenitiva, decongestionante, addolcente e calmante), di apigenina (antiflogistico, antistaminico, antiossidante) e di acidi vari quali il citrico, il salicilico, il palmitico, resine e zuccheri

Le preparazioni:

Macerazione: si mette a macerare per 10 giorni, 20 g. di radice e di fiori di Arnica in 100 g di alcool a 60°. Si filtra poi accuratamente con un colino e si conserva in una bottiglia di vetro ben chiusa. Al momento dell’uso, la tintura deve essere diluita in circa mezzo litro di acqua, con il liquido si imbevono in una o ancor meglio due o tre compresse di garza e si eseguono degli impacchi sulle contusioni e sulle distorsioni.

Tintura: occorrono 50g di fiori e 1000 g. di alcool etilico a 90°che si lasciano a macerare in recipiente chiuso e al riparo dalla luce per 8 giorni, ricordandosi di agitare bene ogni tanto, quindi  si cola e si spreme il residuo, quindi si filtra con un colino, e si conserva il prodotto sempre lasciandolo al buio. Quando occorre, si devono prendere 20 g di tintura e mescolare con 50g di glicerina e 60 g di acqua. Si usa questo preparato per pennellazioni sulle parti infiammate e sulle punture di insetti.

L’arnica serve, infine, per curare i foruncoli che deturpano la pelle. Si applica sulla parte dolente un impasto di due cucchiai di miele ed un cucchiaio di tintura d’arnica, sopra preparata.